Ha scritto il primo libro a dieci anni (cioè nel 1947, quasi ieri). Ha poi prodotto migliaia di articoli in italiano e in vernacolo satirico livornese (raccolti, questi ultimi, in 59 agili volumetti annuali dal 1965 al 2023) e un mare di rubriche umoristico-satiriche ed eziandio storico-linguistiche per il periodico “Livornocronaca il Vernacoliere”, da lui fondato nel 1961 come settimanale di controinformazione, poi divenuto mensile satirico dal 1982, del quale è sempre stato anche editore e direttore, oltre che proprietario; e per una trentina d’anni ha fatto anche il correttore di bozze, il caporedattore, l’impaginatore, il grafico e l’amministratore. E quando si metteva la granata nel sedere riusciva anche a spazzare.
Oggi però gli frizza il culo e fa spazzare parecchio anche il nipote Valter, al quale ha delegato un bel po’ di faticaccia tecnica imbarcandolo sulla “Mario Cardinali Editore srl”, di cui Valter è divenuto insostituibile colonna tecnico-amministrativa.
Laureato in Scienze Politiche nel ’62, giornalista pubblicista dal ’66, ha avuto esperienze giovanili di teatro (serie) e sempre giovincello ha fatto seriamente, da studente-lavoratore, il produttore di pubblicità. E qualche volta ha anche fornicato, sempre in modo serio, piacendogli assai la topa che è divenuta infatti una categoria kantiana del suo pensar satirico sul Vernacoliere, ma qui con poca serietà.
Oltre che con i suoi editoriali feroci e con le sue celebri invenzioni giornalistico-satiriche, Mario contribuisce a rendere famoso il Vernacoliere anche con i titoli folgoranti delle locandine, frutto perlopiù notturno del suo cervellaccio, divenute anch’esse celebri per pubblica irriverenza di linguaggio e di contenuti, pagine a loro modo d’una storia d’Italia satiricamente nuova. E raccolte anche, le “scandalose” locandine, in otto volumi (“Ambrogio ha trombato la contessa” del 1995 e “Politicanti, politiconi ed altrettante rotture di coglioni” del 1996, ambedue editi da Ponte alle Grazie; e poi “L’Italia del Vernacoliere: è tutta un’altra storia”, Piemme 2005; “I Comandamenti del Vernacoliere: trombare meno, trombare tutti”, Piemme 2006; “Quando a Rambo ni ciondolava l’uccello”, Mario Cardinali Editore 2009,“Berlusconi cià rotto i coglioni”, Mario Cardinali Editore 2010, “Era meglio un Papa pisano”, Mario Cardinali Editore 2012; “L’onestà è reato”, Mario Cardinali Editore 2023) insieme ai pezzi satirico-vernacolari di riferimento, a tracciare una storia d’Italia assolutamente originale, certo satirica ma anche valido impulso a riflessioni assai serie.
Ovviamente Mario è finito talvolta in Tribunale, sempre però sortendoci a testa alta e urlando viva la topa. E viva la topa ha urlato anche quando gli hanno affibbiato il Premio di Satira Politica di Forte dei Marmi nel 1995.
Ha scritto, su invito, per vari quotidiani e periodici, ha prefato libri di autori diversi, altri è stato chiamato a presentarli ed ha anche tenuto rubriche radiofoniche per varie reti nazionali.
A Mario Cardinali, “considerato il suo ruolo di fondatore, ispiratore e, da 33 anni, direttore del Vernacoliere, rivista satirica patrimonio della livornesità, atteso il valore della satira quale strumento inscindibilmente connesso ai principi della libertà e della democrazia”, il Sindaco di Livorno Filippo Nogarin ha assegnato nel marzo 2015 l’onorificenza “La Canaviglia”, così motivata: “A Mario Cardinali, livornese che ha dimostrato nella propria professione costanza, impegno e capacità tali da rappresentare e divenire determinante e prestigioso punto di riferimento per tutti coloro che operano nel settore ma anche soggetto attivo di libertà e democrazia, in ciò dando così lustro e impulso alla Città di Livorno”.
Ha fatto seguito nel luglio 2016 il Gonfalone d’Argento, massima onorificenza del Consiglio Regionale della Toscana, con la motivazione: “Mario Cardinali è uno dei simboli della satira e della libertà d’espressione italiana. I suoi scritti e le sue locandine fanno ormai parte della nostra vita quotidiana”.
Non ha mai avuto tessere di partito né credenziali di alcun tipo, non ama e non frequenta i Palazzi, non crede negli dei, si definisce uomo di sinistra (non quella dei partiti), giudica il rispetto di se stesso il suo bene fondamentale, ha uno scilinguagnolo micidiale, gli hanno fatto paginate d’interviste su un sacco di quotidiani e di periodici nazionali ed è stato invitato spesso in dibattiti televisivi e radiofonici, a serate conviviali, in feste popolari, in eventi politico-cuturali, in varie scuole superiori e anche in chiacchierate nelle Università (a partire dal 1990 e fino al maggio 2013 è stato invitato quattro volte nell’ateneo di Pisa, cinque volte in quello di Firenze, tre volte in quello di Siena, una volta in quello di Venezia, una volta nella Scuola Superiore S. Anna di Pisa e una volta dell’Università Luiss di Roma) non solo per parlare del Vernacoliere ma anche su lingua e satira in generale.
Si è pure esibito i vari spettacoli teatrali, l’ultimo dei quali è stato un’affollata serata tutta sua (uan men sciò, alla livornese) nello storico Teatro Goldoni di Livorno nel gennaio 2017, sul tema “Noi livornesi, una razzaccia a modo nostro”. Un’abbuffata di storia e di satira in due ore filate di divertimento e di riflessioni anche serie.
Attualmente sta continuando a mantenere vivo il suo cervellaccio ormai ottantasettenne con il mancato rispetto satirico e non solo a quanti s’indorano d’aureole autoritarie civili, militari, religiose e di qualsivoglia altro genere di sopraffazione materiale e spirituale.