di Mario Cardinali
Bombe, sempre bombe, fortissimamente bombe. E carrarmati, cannoni, mitraglie, razzi, aerei, droni, mine e quant’altro serve alla guerra e ai discorsi sulla guerra, ritornati di quotidiana attualità con l’avvento di Trump.
Il cui segretario alla Difesa non ha fatto in tempo a dire agli alleati del vecchio Continente che l’America d’ora in poi avrà da occuparsi in primo luogo dell’Indopacifico e quindi l’Europa “dovrà assumersi la responsabilità della difesa convenzionale” ovvero aumentare la spesa militare fino al 5% del prodotto interno lordo, e già i fabbricanti d’armi UE festeggiavano con i loro azionisti giganteschi rialzi in Borsa con ancor più clamorosi dividendi.
E te a guardare i talk show in tivvù ti chiedi magari perché siano così accaniti nel rivendicare il tanto conclamato diritto alla difesa i vari giornalisti/analisti/scrittori/ imprenditori ed esperti vari (mai che vengan definiti lobbisti d’armi come tanti sono) e men che meno ti sfiora il dubbio che ce ne sia anche fra costoro un bel po’ d’assoldati non solo dai produttori bellici ma persino dai servizi segreti.
E se quel dubbio invece ti sfiora, lo scacci all’immediato pensiero che noi vivaddio siamo una democrazia, liberale per giunta, e anche lo spendere molto più in armi che in scuola o sanità o assistenza alla povertà è anch’esso un diritto alla libertà. Al liberismo, anzi, che t’han detto essere un po’ la stessa cosa.
L’obbligo infame
Qualcosa tuttavia sta cambiando, nel concetto magari del diritto alla vita. Alla morte, in questo caso. Una buona morte, civilmente liberata dall’obbligo infame alla sofferenza d’inguaribile malattia fino all’ultimo respiro, come gli autoproclamati padroni della nostra esistenza ci continuano a voler dettare. In nome di Dio, dicono severi. Se li creano, gli dei, ne inventano i voleri e motu proprio se ne nominano rappresentanti.
E dagli allora addosso alla Regione Toscana, prima in Italia ad aver approvato una proposta di legge popolare per il “suicidio medicalmente assistito”. Che ancora non è la buona morte civile che civiltà vorrebbe, ancora condizionata com’è da vincoli e prescrizioni.
Ma provate intanto a immaginare il sollievo – se tale si può definire – di chi divorato senza scampo dal cancro può infine cessar di soffrire per via medicale invece che buttandosi di sotto.