di Mario Cardinali
Ci sono dei momenti, nella storia d’una Nazione (copyright Giorgia Meloni), nei quali, come avrebbe detto il Manzoni, dagli atri muscosi, dai Fori cadenti, dai boschi, dall’arse fucine stridenti, dai solchi bagnati di servo sudor, un volgo disperso repente si desta, intende l’orecchio, solleva la testa, percosso da novo crescente rumor.
Che poi pare fosse il fragore d’uno scurreggione di certo volgare, quel rumore proveniente dal volgo, e di certo non solo buccale; ma il Manzoni mica lo sapeva, nello scrivere l’Adelchi, non usando ancora a quei tempi longobardi l’irrispettosità tutta moderna del vaffanculo grillino, oggi che un popolo piegato la solleva sì la testa, ma immantinente la riabbassa sul telefonino o la volge al televisore, e il vaffanculo resta più un rassegnato scarico di pensieri che una contestatrice assunzione di responsabilità.
Ci ha ha pensato però il caso Sangiuliano, infine, a risvegliare nell’anima popolare, con la contestazione dell’uso padronal governativo d’un’informazione drogata, il diritto a conoscere la verità.
Non s’era infatti ancora spenta l’eco drammatica delle dimissioni del Ministro della Cultura Sangiuliano a conclusione della love story con l’influencer Maria Rosaria Boccia, che ecco il popolo in folta delegazione a invocare in coro sotto Palazzo Chigi il nome della Premier:
– Giorgia, Giorgia…
– ‘Un c’è, è a fassi i capelli! – s’è affacciato uno a spiegà.
– Dar parrucchiere?
– No, dar gelataio!
– O stronzolo!… Fai lo spiritoso?… O te chi sei?!
– Sono il sottosegretario alle Spiegazioni!
– E allora spiegaci la fava, vai!
– Io?!
– No, eh?! Allora la tu’ moglie! (…)
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