Quel poveraccio all’ospedale c’era entrato per via d’una gran bolla d’aria nello stomaco, che lui l’aria la mangiava perché non aveva altro da addentare.
— Faccia un bel ruto! — s’è messo a incitarlo il dottore nel mentre gli batteva la mano sulla schiena.
Ma il ruto non veniva.
— Pensi a Renzi! — gli ha suggerito allora il dottore, praticone.
Che lui difatti a Renzi ci ha pensato e gli è venuto l’onco, ma ruti nisba!
— Allora pensi a Salvini, a Gasparri, a Brunetta… — ha insistito il dottore un po’ piccato.
Macché, neanche un ruto nemmeno questa volta!
Il dottore a quel punto s’è sfavato e gli ha messo davanti la fotografia di Berlusconi.
— S’un gli fa nulla questa, allora è proprio un affar serio!
E un affar serio era, nemmeno quella foto ha funzionato.
Sicché è arrivato di corsa il professore.
— Se non gli riesce rutare, proviamo a farlo scurreggiare! — s’è messo tutto serio a sentenziare.
Sicché hanno vuotato la corsia, tante volte la scurreggia fosse venuta troppo forte, sennò poi il Tirreno scrive che all’ospedale la gente ci muore dal riscontro.
Ma ventate non ce ne sono state, non è sortito neanche un filino d’aria!
Lui si sforzava, diventava perfino tutto rosso, ma aria dal disotto nulla!
Avevi voglia di dirgli pensi a Bossi e alla Meloni, a D’Alema e a Sgarbi, a Ferrara e a Gianni Letta, alla Gelmini…
— Ma non è mica una cosa regolare! — s’è insospettito a quel punto il professore — Stai a vedere cià un tappo al culo!
E il tappo c’era, non dubitare! Un po’ po’ di dito in culo che intasava tutto!
Che difatti gli ce l’hanno levato in sala operatoria, era proprio un ditone esagerato!
— O chi gli ce l’ha ficcato?! — gli ha chiesto il professore un po’ sorpreso.
Ma lui dé, non si capacitava!
— Vallo a sapere chi è stato! E’ tutta la vita che mi ritrovo diti in culo! Il primo mi ce lo ficcò da bimbetto il prete a catechismo per sentire se facevo l’ova, e poi è stato tutto un ficcamento! Diti in culo dai miei compagni di classe che non mi facevano mai copiare, diti in culo sotto il militare perché mi toccava sempre pulire i gabinetti, diti in culo da sposato perché la mi’ moglie trombava e io no, e poi dito in culo dal padrone di casa quando m’ha sfrattato, dito in culo dalla fabbrica quando m’ha licenziato, dito in culo dal governo che in pensione non mi cià mandato…
— Però dé, lasciarglicelo così dentro, questo dito… — ha barbottato pensoso il professore — Poteva andare in cancrena!
— Boia, davvero?! Povero culo!
— No, povero dito! Il su’ culo sa, oramai è sfatto… Ma il dito invece è anche ben curato, dev’essere un dito di signore!… To’, guardi, cià anche un bell’anello!
— Ah, ecco cos’è che mi bucava!
Dé, poveromo, gli bucava sì! Ti c’era una po’ po’ di pietra, su quel grosso anello… Questi signori non badano mica a spese, quando ti ficcano i diti in culo! Ci provano un gusto da morire, a sfronarti bene bene cogli anelli! E se nel culo il dito ti ce lo lasciano te lo fanno a spregio, sì, ma è uno spregio così grosso che ci sbrodano di piacere!
Ma tanto ora vedrai quel dito al su’ padrone glielo ridanno di volata, tante volte gli servisse sempre!
Tanto dé, colla nuova finanziaria ora non mancherà occasione, di diti in culo dai signori c’è sempre da pigliarne a sfare!
Mario Cardinali