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Un editoriale "Senza peli sulla lingua" di Mario Cardinali, tratto dal Vernacoliere dell’ottobre 2015.

Nell’Europa del razzismo

E ritorna su, dal profondo d’una terra che fu fucina del nazismo, l’immondo foco d’una lava razzista che sempre più ribolle in Europa.
Ed esplode per ora, quel ribollir profondo, negl’infami reticolati d’Ungheria, a cercar di fermare anche con i carri armati l’imbelle enormità dell’onda migratoria in fuga da guerre e fame d’Africa e del Medioriente.
Ma ribolle anche in tante altre terre, quella lava. Che da noi emerge a fiotti nella xenofobia leghista e nel neofascismo dei vari movimenti dell’estrema destra, in Grecia aggalla sempre più col neonazismo d’Alba dorata, in Francia erompe col lepenismo, in Inghilterra e in varie terre anche dell’est già comuniste e accluse ora alla comunità europea sta venendo fuori pure lì, in un confluir di razzismi di sempre più sgomentevole espansione.
Sgomentevole e pauroso, quel confluire d’odi sociali e di fanatismi ideologici che già portarono a un conflitto mondiale, e chissà che questo nuovo razzismo anti-immigrati non si prospetti ancora come ricercato esito di gravissime crisi economiche e sociali, in una nuova apocalisse d’armi.
Mentre l’Europa delle banche, quella allineata al più selvaggio capitalismo di speculazione finanziaria che un tempo si diceva all’americana ma che costituisce ormai un modello d’economia globalizzata, quell’Europa ancora sedicente terra di democrazie non sa rispondere che con gli egoismi degl’interessi nazionali ad un dramma migratorio che tutti definiscono epocale ma tanti poi si guardano l’un l’altro a convenire che alla fin fine però quest’immigrati sono troppi, e se restassero a casa loro li potremmo aiutare col mandargli anche le casse da morto, oltre che le bombe.
Che menomale magari quelle vanno bene, a rianimare un po’ quest’economia di crisi.
Intanto i novelli padri della patria, questi nuovi ri-costituenti alla Boschi e alla Verdini, questi aspiranti emuli di Calamandrei e degli altri storici autori della Carta costituzionale nata dall’antifascismo, questi autorevoli rappresentanti di se stessi son tutti lì a dirci che a risolver quest’economia di crisi è fondamentale anche la riforma del Senato, oltre che valida a tenerci meglio in democrazia.
E mica posson dire che ci pigliano per fessi, via! O non lo sanno anche i pisani che il ridurre il sistema legislativo alla sola Camera dei deputati (col Senato trasformato in un prono consesso di consiglieri regionali già piazzati lì dai partiti) deve servire, in combinazione con la nuova legge elettorale, a far legiferare con meno disturbi una maggioranza fatta di parlamentari in gran parte nominati dal partito di governo e col potere anche d’eleggere il presidente della Repubblica e tanta della Corte costituzionale?
No, non te lo diranno mai che anche i renziani, in foia di poltrone comunque assicurate, cercano oggi di metter su una versione aggiornata di quel regime autoritario – aspirante dux il Matteo Renzi di chiare ambizioni in cotale senso – che già tentò di realizzare Berlusconi con la riforma costituzionale del 2005, fermato solo da un referendum popolare l’anno dopo.
Così come gran parte della cosiddetta opposizione s’oppone a eliminare il Senato elettivo perché in tanti ci rischian le poltrone, altro che carta costituzionale da preservare intatta!

Mario Cardinali
dal Vernacoliere di Ottobre 2015

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