Si diceva che a far l’amore lì dentro poi ci nascevano i bimbini storti, tanto bisognava aggrovigliolarsi per trombare in quel minimo spazio buono per i sette nani.
Era lo spazio della “500”. Essa sì mitica, a quei tempi. Altro che i trionfalismi odierni del chiamar mitica qualunque bischerata!
La “500” Fiat, ragazzi. E chi l’ha avuta sa di cosa parlo.
La potevi finalmente sognare anche te, quella macchinetta che ricordava vagamente una Topolino, mitica anch’essa, ma più compatta e stondata. La prima vera utilitaria per tutti, la “500”, ancor più della “600” nata un anno prima, nel ‘56, all’inizio del boom italiano, quel miracolo economico che dagli anni cinquanta ai settanta portò l’Italia ad essere una delle nazioni più industrializzate d’occidente.
E la 500 rappresentava davvero la motorizzazione di massa, in quegli anni di frenesia di produzione. Tremilioniseicentosettantottomila esemplari usciti dalla Fiat dal ‘57 al ‘75, si legge sulle statistiche d’enciclopedia. Non per le tasche di tutti, è chiaro, in quel miracolo basato anche sui salari bassi, con l’abbondanza di manodopera che c’era a giro, e a milioni i disoccupati venivano anche dal sud, con la miseria legata dentro le valigie di cartone.
Ma in tanti la possedettero ugualmente, la “500”, a contenere pur così piccina il sogno d’una quattroruote finalmente tua. E rossa, in particolare, a farsi veder bene in giro.
Piccina ma c’era tutta, ‘un dubità! Cinquecento centimetri cubi circa di cilindrata, quattro marce ovviamente non sincronizzate (che debraiate, ragazzi!), quattro posti a stringersi bene, un’ottantina di chilometri l’ora ad andare forte. Ma come andava! Col piglio prepotente da zanzara fracassona in pianura, e in salita arrancava ma ce la faceva, se ti limitavi alla collina.
La prova di Quattroruote allora ‘un c’era, sennò t’avrebbe detto che ad esser lungo la dovevi guidare a testa bassa, quella vetturetta, e per le gambe dovevi portare il sedile tutto indietro e allora non c’entrava più nessuno sul sedile posteriore, che già per starci bisognava tenersi i ginocchi in bocca.
Ma l’amore ce lo facevi uguale, t’aggrovigliolavi come un polpo ma potevi anche te, finalmente, partecipare al nuovo costume sessuale di massa: la trombata in 500. E s’era in tanti per davvero.
Mario Cardinali
Da “L’Italia del Vernacoliere. E’ tutta un’altra storia”, Edizioni Piemme, 2005.