È sortito l’altro giorno, del noto sessuologo Piero Frapeli, l’attesissimo saggio sul tema “Come montare sulle pecore senza farle belare“.
Nato in quel di Pisa dalle parti di Cascina, dove già fin da piccino rivelava la sua propensione al sesso d’élite masturbandosi nascosto negli artistici armadi concepiti dal genio dei locali artigiani del legno, l’autore ha poi frequentato le elementari in Maremma e i pascoli in Valdichiana, dandosi fin d’allora all’osservazione delle pecore di passo, mentre quelle stanziali le guardavano gli altri.
Dotato di viva intelligenza e di fulgida attenzione, il giovane Frapeli s’accorgeva che le povere bestie, quando i loro padroni montavano loro addosso, tendevano a belare senza ritegno e qualche volta anche senza le mutande, non loro ma i padroni, oppure coi pantaloni calati a guisa di quanto altri studiosi avevano già visto fare in Sardegna perfino con qualche mulo, non fatto aggiaccare a mo’ di vacca ma arrivandogli sul dietro dall’alto d’un panchetto o pigliando la rincorsa per il salto, col risentito raglio della bestia quando la mira non faceva centro o coi moccoli del pastore quando i pantaloni calati impigliavano rovinosamente la manovra.
Dopo ripetute osservazioni e puntuali annotazioni, il Frapeli provava infine lui stesso a montare sulle pecore di passo, facendole prima debitamente rallentare e infilandogli poi geniale la testa in una scarpa, col tipico sistema usato un tempo dai preti con i gatti. Ma mentre i gatti soffiano cercando di scappare, le pecore invece – ci assicura il Frapeli nel suo illuminante saggio – non potendo soffiare tendono a stare zitte, così subendo in prono silenzio l’atto del padrone.
Unica accortezza – precisa il Frapeli con arguta malizia – è di adoperare una scarpa bella grossa, del quarantotto o quarantanove a dir pochino, sennò la testa alla pecora non gli c’entra e ci può anche soffocare, e allora sì che li senti gli Amici delle Bestie, bisognose certo di sentirsi amate ma con la dovuta tenerezza.
Mario Cardinali