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L'editoriale - Senza peli sulla lingua

LA NOTIZIA

di Mario Cardinali

Arrivati infine i soldati americani e russi ai lager nazisti del genocidio ebreo, qualcuno fra i liberatori ebbe l’idea di portare un po’ delle “ignare” signore dei centri germanici vicini a vedere di persona cos’erano state quelle camere a gas e quei forni crematori.

  E si vedono, in qualche filmato d’epoca, le inappuntabili signore del Reich avviarsi disciplinatamente incolonnate alla ”rivelazione”, prese perlopiù in indifferenti conversari fra di loro. Finché poi, visto qualcosa di quell’immenso orrore, ecco qualcuna se ne rabbuia in volto e a qualcun’altra s’inumidisce addirittura l’occhio.

  Ecco, ci vorrebbe oggi anche a tanta opinione pubblica occidentale, e non solo italiana, una simile cura: non più per il genocidio della Shoah, ma a questo giro per lo sterminio programmato di Gaza, e appena prima per il massacro del 7 ottobre.

  E non tanto per le immagini, anch’esse orrende, come le televisioni di mezzomondo ce l’hanno pur mostrate, più o meno purgate dalla pietà del raccapriccio; quanto e soprattutto per aiutarci a conoscere e a capire, se mai ne fossimo capaci, le ragioni di tanto odio fra i due popoli, ebrei e palestinesi, oltretutto avvolti gli uni e gli altri nel vortice del fanatismo religioso, ognuno col proprio dio a far guerra al demonio altrui, e le carte bibliche – di mano umana ma credute d’origine divina – a supportare anc’oggi le antiche pretese e le sempiterne rivendicazioni, uomini e dèi presi in guerre e stragi di annientamento e di sopravvivenza da una parte, con l’altro mondo dall’altra a giocarsi sulla pelle degli uni e degli altri i propri interessi di geopolitica e di capitale armato.

  E invece… e invece non basta mai l’orrore, né mai basta tenerlo sempre vivo l’interesse a conoscere e a capire. Soprattutto quando infine prevale la routine, quando l’aspirazione al bene si spenge nella quotidianità del male, quando lo sdegno svanisce nell’abitudine al disinteresse.

  Il disinteresse proprio, certo, ma guidato anche da quello dei mezzi d’informazione, tanto pronti a formarla, la pubblica opinione, quanto a distrarla quando più conviene.

  Come succede ora proprio per lo sterminio letteralmente quotidiano di quanti ancora son rimasti vivi a Gaza, con le notizie di nuovi continui massacri di singoli e di gruppi, di grandi e di piccini, divenute ormai veloci scarne notiziole fra altre scarne veloci notiziole dei telegiornali e dei giornali radio.

  E chissà se per una calcolata spinta al disinteresse o perché infine anche gli operatori di TG e GR si sono abituati alla normalità del male. Che non fa più notizia, allora. Bisognerebbe altrimenti dire, e predicare, che le guerre son sempre e comunque il male. E bisognerebbe smantellare eserciti e arsenali.

Quella sì, sarebbe una notizia.

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