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I PRIMI E GLI ULTIMI

di Mario Cardinali

“Gli ultimi”, si chiamavano un tempo, in una società in cui bisognava perlopiù raccomandarsi a Dio per non restare proprio in fondo. Oggi, col sempre più sfrenato liberismo di privatizzazioni d’un capitalismo che distingue l’umanità fra ricchi e poveri e non ce n’è per nessun altro, fa più trend chiamarli “nuovi poveri” o “poveri assoluti” quelli che stanno in fondo al listino della società.

  “Morti di fame” no, appellativo antico anch’esso ma con troppo realismo menagramo, e poi magari gli affamati restano lì soltanto moribondi e chissà che infine, sopravvissuti con i pasti della carità cristiana, non possano riaversi per grattare anch’essi un biglietto vincente, prodigioso evento di celeste sguardo, a partecipare anche loro alle sorti magnifiche e progressive di questa nuova Italia meloniana in devoto ascolto d’una novella capa di governo d’antico sentire patriottico e religioso che se le dice e se le canta, quelle sorti magnifiche e progressive, frattanto intenta a destinare sempre più miliardi alle spese militari, baluardo di civiltà contro la barbarie d’oriente e motore di nuovi arricchimenti industriali da proteggere e finanziare, altro che svenarsi in improduttive spese sanitarie, scolastiche e d’edilizia popolare, tutta roba da sempre più affidare anch’essa all’iniziativa privata, quella sì da pubblicamente sostenere e riottenerne voti e posti di lavoro, così tanto ancora carenti in una nazione finora persa dietro all’ideologie, con quelle vecchie idee di giustizia sociale e di diritti umani che avranno pure arricchito tanti della vecchia classe dirigente, ma tocca ora agli altri a sedersi  da nuovi padroni di casa al tavolo imbandito.

  E non manca molto, ormai, a sentirci dire – come dicono gli americani che di libero capitalismo se n’intendono alla grande – che chi è povero è fuori dallo sguardo di Dio, rivolto com’è ai listini di borsa e miliardi annessi.

  Comunque guadagnati e meritati, quei miliardi, quand’anche a particolare remunerazione di guerre d’immensa spesa distruttiva e d’ancor più colossali guadagni di ricostruzione.

  Com’anche Dio vuole, infine. Il Dio dei vincitori e dei loro sacerdoti, religiosi o laici è lo stesso. Come tanti se ne vedono e se ne ascoltano nel quotidiano diluvio televisivo di discorsi negl’incessanti talk–show d’informazione, di contorno ai sempre più fitti spot pubblicitari e a rinforzo degl’interessi di chi siede al seggiolone.

  Un rinforzo ben remunerato anch’esso, e ci mancherebbe. Più gente siede al tavolo – recita il vangelo del nuovo liberismo – e più c’è da mangiare in tanti.

  E se il Vangelo antico dice che “gli ultimi saranno i primi”, dev’essere saltata la riga “a morir di fame”.

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