di Mario Cardinali
“Ungere le ruote”, si diceva un tempo, a definire l’ancestrale usanza di facilitare l’ottenimento di qualcosa con l’offerta di qualcos’altro, e se non erano quattrini era magari l’inchino ruffiano del più debole al più forte, a rimarcare i ruoli d’una convivenza fra classi ben diverse.
Poi l’umanità si è evoluta anche nel linguaggio, l’unzione delle ruote è via via divenuta la fetta, poi la bustarella, infine la tangente, assurta ormai a storico motore politico e sociale, non più soltanto l’offerta del più debole al più forte ma anche la strutturale richiesta del più forte al più debole, del politico all’imprenditore o anche dell’imprenditore al politico, in uno scambio di ruoli cosiddetti corruttivi che son poi la corruzione in toto. L’ antica unzione delle ruote oggi presentata magari sotto la tranquillizzante voce di “sostegno elettorale”, come le attuali vicende del porto di Genova stanno ad indicare.
Cambiano i nomi e cambiano i protagonisti, resta sempiterna la corruzione, a giustificare oggi financo le elezioni. O le elezioni a giustificar la corruzione.
E sempiterna resta la cosiddetta ogni volta ribadita indignazione dei rappresentanti di sistema, dai banchi d’assemblee elettive sempre pronte, nei ruoli rispettivi di maggioranza e minoranza, a comunque mantenersi al seggiolone.
A perpetuazione appunto del sistema.
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