di Mario Cardinali
Non ho mai odiato persone, giuro. Compatito sì, e magari anche disprezzato, ma odiare gente non mi riesce proprio.
Odio però la guerra, e disprezzo chi se ne fa vanto e gloria e motivazione vitale. Come coloro per i quali la guerra – sostengono in aristocratica smania d’eroici diversivi – è il tonico rimedio alla noia, al mortificante trantran della vita quotidiana.
Gli prude parecchio il culo, a certa gente, e non sa come grattarselo a dovere. E verrebbe voglia allora d’invitarli a Livorno, a strusciarselo sui nostri chilometri di scogli, l’insoddisfatto buco. Fisico e mentale.
Ché anche la guerra è, per certa gente, una voglia repressa, di certo non essendoci mai stati costoro sotto le bombe della guerra vera, non quelle della caciara d’idiozie e d’offese a lingua sciolta sui social, a diventare tutti opinionisti-polemisti per due o trecento euro di pubblicità.
Già, la pubblicità. Davanti alla quale si zittiscon tutti, in ossequio anche all’ormai istituzionale silenzio sulla guerra di Gaza, vergogna immensa d’un genocidio da rimpiattare in un cantino, perpetrato com’è dall’alleata Israele della banda Netanyahu.
Ché ha da esserci l’Iran adesso a minacciar di guerra atomica chi le atomiche ce l’ha davvero e in abbondanza, e le vuole agitare in esclusiva.
In Italia frattanto, in questo teatrino tragico se non fosse comico, ecco l’opposizione di sistema a reclamare diritto al malumore per il decreto Sicurezza divenuto legge, a cancellare con quattordici nuovi reati il dissenso non più solo politico ma anche sociale, con botte legali di Stato a chi fiata nelle piazze e nelle galere, e con servizi segreti autorizzati infine a poterlo organizzare e usare legalmente il terrorismo, non più sotto traccia come ai tempi delle stragi anch’esse di Stato.
Lo Stato essendo ora il detentore conclamato, senza più veline, d’un potere che qualcuno s’ostina a definir fascista senza più alcun dubbio. Come se la camicia nera avesse avuto bisogno d’indossarla fin da subito, il nuovo-antico equipaggio dell’italico vapore. Che butta fumo nero anch’esso, in un’aria che col premierato diverrà infine irrespirabile, da solo inquinata che era.
E senza bisogno di camicia alcuna.