di Mario Cardinali
Sei milioni di poveri assoluti, otto milioni in povertà relativa, di cui più di tre milioni sono poveri anche se lavorano; e poi la precarietà dilagante, una disoccupazione spaventosa, un’inflazione sempre più selvaggiamente crescente, con la più incontrollata speculazione sui prezzi divenuta ormai di sistema.
E per rimedio, la carità. Carità come filosofia di governo e come pratica religiosa. Non per niente si chiama Caritas l’unico ente – appunto religioso – ancora operativo nel soccorso alla povertà su scala nazionale. Ed è alla Caritas religiosamente e meritevolmente pietosa che sempre più persone senza più lavoro o senza più speranza di trovarlo, compresi talvolta imprenditori in rovina, si rivolgono per un piatto di minestra, e sono a volte anche famiglie intere.
E carità anche di governo, per quei poveracci. Di questo governo di fiera destra che ha abolito il reddito di cittadinanza – che carità non era ma strutturale sostegno pubblico all’indigenza dei cittadini – con un unico stanziamento di 503 milioni per famiglie bisognose, pari a 382,50 euro a famiglia, disponibili con una carta prepagata una tantum , ovvero pigliali a volo questa volta perché poi non ce n’è più.
“Dedicata a te”, l’hanno magnanimemente chiamata quella carta, dimenticandosi di specificare “per te morto di fame”.
Ché è ormai la fame il discrimine fra cittadini normali – e meglio se anche patrioti – e cittadini con le pezze al culo, in questi tempi d’un neoliberismo sempre più spietato a far da base strutturale d’un’economia di mercato e di finanza di cui il capitalismo statunitense è classica guida.
Con la fame degli altri delegata alla pietà religiosa, non sia mai che un salario minimo imposto per “sovietica” legge venga a minacciare (…)
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