di Mario Cardinali
I talk show televisivi, la solita compagnia di giro. E girano infatti da una rete all’altra, anche tre o quattro diverse in un giorno solo, dal vivo o collegati da casa, magari anche e soprattutto per promuovere qualche loro ultima fatica libraria – intellettuali come spesso sono ritenuti – a compenso magari della prestazione di discorsi.
Già, i discorsi. E ne hanno, di parole da effondere dagli schermi! Tanto da poterli definire “parolai”, tanti di quei politici – le solite sempiterne ghigne ma anche parecchi degli ultimi arrivati, subito accesi nel sacro fuoco della rappresentanza elettorale – se “parolai” non fosse appellativo irriguardoso, specialmente per gli onorevoli appunto da onorare.
Ma sono la loro attività precipua, le parole. Giustificatrici di quanto il governo non fa se loro son di quella banda, accusatrici di quanto il governo fa se son della banda opposta. E magari scambiandosi parti e battute quando le parti di comando si siano invertite, ad espressione di ghigna invertita anch’essa, compiacente o incazzata secondo convenienza.
Sempre e comunque con le faccine compunte e perfino addolorate, i nobili e onorandi personaggi, quando però parlano della miseria altrui. Quella specialmente di chi – e magari lo rimarcano con sdegnata enfasi oratoria – dovrebbe mangiare, e mettiamoci magari anche la famiglia, con mille/milleduecento euro al mese, e meno ancora se son pensioncine da tipica fame di pensionati con la minima, per forza attenti anche al resto d’un centesimino. (…)
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