di Mario Cardinali
La guerra piace ai ricchi non solo perché la fanno – e ci crepano – soprattutto i poveri, ma anche perché è sempre occasione d’arricchimenti colossali.
Con produzione e commercio d’armi in primis – e basta guardare quante migliaia di miliardi solo per l’Ucraina sono stati stanziati dagli Usa e dall’Europa, Italia compresa, e son tutti miliardi sottratti a ben altri bisogni ed emergenze sociali.
E poi con la gigantesca speculazione sul “naturale” rincaro di tutto ciò di cui i popoli abbisognano, cibo e fonti energetiche soprattutto.
Ma i pescecani dell’arricchimento selvaggio – tipico del capitalismo neoliberista – s’ingrassano anche col dopoguerra, a ricostruire ciò che la guerra ha distrutto, e più ha distrutto e più c’è da guadagnare, con le Borse sempre lì pronte a speculare su tutto, cibo o cemento o bombe o medicinali non fa differenza, l’importante è il profittar comunque.
Armi, speculazione, distruzione e ricostruzione: un cerchio perfetto, a circoscrivere la grande convenienza delle guerre per i pescecani del capitalismo, la cui la prima ragion d’essere è la crescita dei propri forzieri.
E col discorso sociomilitarpolitico a far da sovrastruttura a tutto: la patria da espandere o da difendere, gli eserciti da potenziare (…)
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