Drammatico ganzaiolo. Ambientato in una classica famiglia all’italiana (padre impiegato, madre casalinga e due figli studenti), il film ripropone tutta la drammatica inquietudine dei rapporti sociali tipica della cinematografia neorealista, col padre che un giorno porta un’avvenente collega in casa a pranzo e la vuol far restare a dormire con la scusa che poverina fuori piove a dirotto e fa anche tanto freddo; la madre che infine capisce perché il marito non la tromba più da mesi; e i due figli che tutti presi dall’iphone già non capiscono nulla dei triangoli a scuola e figuriamoci se gl’importa qualcosa d’un triangolo in famiglia.
Ci penserà però la nonna (madre di lei, nonché suocera del fedifrago) a intervenire moralizzatrice, ringhiando all’intrusa “popò di buorotto rovinafamiglie, se ti prude vattela a fa’ grattà da’ marrocchini!”. E presala per il collo la butta giù per le scale, mentre gli altri condòmini allertati dalle grida s’affacciano alle ringhiere urlando “dagli anche du’ pedate nella pòtta, a quer tegame rifatto!”.
Commovente il finale, sempre con la suocera che pur gridando al genero “era meglio se la mi’ figliola faceva la puttana ‘nvece di dalla a te, armeno ci guadagnava varcosa!” lo spinge a gollettoni fra le braccia della moglie a chiederle perdono, coi due figli che intanto continuano imperturbabili a smanettare sull’iphone, così simboleggiando l’indissolubilità della famiglia.